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Per assicurare più beni pubblici europei occorre irrobustire le istituzioni e i corpi intermedi

I beni pubblici europei sono risorse o servizi di interesse comune che rispondono a esigenze collettive e richiedono una gestione coordinata tra i Paesi dell'Unione. A causa della loro complessità e dei costi significativi di produzione e mantenimento risulta difficile per i singoli Stati membri sostenerli in modo efficace. Questi beni, infatti, affrontano sfide di portata globale come la politica energetica, la sicurezza sanitaria e la tutela ambientale, rendendo perciò indispensabile una collaborazione a livello europeo per acquisire una soglia produttiva efficiente.

Nello specifico, la produzione di questi beni richiede un intervento pubblico europeo attraverso l’accentramento dei finanziamenti. Tuttavia questo comporta una parziale cessione di sovranità nazionale a favore dell’Unione Europea.

La convenienza dei singoli stati nel realizzare questo trasferimento, inoltre, è collegata all’efficienza delle istituzioni e delle amministrazioni intermedie. Sul versante amministrativo, infatti, è possibile sostenere che un’alta efficienza istituzionale si accompagni a una minore onerosità per la cessione di sovranità derivante dalla produzione di beni comuni a un livello sovranazionale, perché le istituzioni sono consapevoli di poter comunque gestire questo processo.

Ma qual è la concreta situazione in Italia? Non esiste un confronto europeo sull’efficienza delle amministrazioni intermedie, ma è possibile utilizzare come approssimazione il Quality of Government Index, un indice che viene realizzato per conto della Commissione europea dall’Università di Göteborg.

L’indicatore misura il livello di imparzialità, efficienza e corruzione percepito dai cittadini sul complesso delle amministrazioni della propria regione. Ebbene, nessuna delle regioni italiane esce indenne da questa analisi (nel confronto europeo), con la sola eccezione della Liguria; mentre indici meno bassi si riscontrano al Centro-Nord. Nello specifico Sicilia, Molise, Calabria, Puglia e Campania sono tra le venti regioni con valori minori su 218 regioni monitorate nell’Unione europea.

Risultato: in linea generale le regioni centro-settentrionali sono quelle che dal punto di vista delle amministrazioni e dei corpi intermedi potrebbero avere i maggiori vantaggi (o comunque subire i minori svantaggi) dalla devoluzione di competenze dovuta a una più alta dotazione di beni pubblici europei.

La capacità delle amministrazioni e dei corpi intermedi italiani di realizzare questo trasferimento e sui vantaggi e svantaggi concreti che potrebbero derivare dalla devoluzione di competenze a livello europeo, è al centro della riflessione esposta dal direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito, nell’articolo pubblicato sul blog di HuffPost dal titolo “Per assicurare più beni pubblici europei occorre irrobustire le istituzioni e i corpi intermedi”.

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