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La sfida di 157 città intermedie d'Italia

Screenshot di parte dell'articolo con logo dell'Huffington Post e titolo "La sfida di 157 città intermedie d'Italia"

Ruolo attuale e prospettive future delle città intermedie italiane sono il tema centrale dell'articolo di Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, pubblicato sull'Huffpost con il titolo "La sfida di 157 città intermedie d'Italia".
Lo spunto è fornito dal recente rapporto “L’Italia policentrica. Il fermento delle città intermedie”, realizzato dall’Associazione Mecenate 90 in collaborazione con il Centro Studi Tagliacarne. Le 157 città intermedie individuate, scrive Esposito, "ricostruiscono quella parte dell’Italia minore che - pur provata dai processi globali - continua a rappresentare un tessuto connettivo essenziale del Paese".

Queste realtà vengono anche messe a confronto con i grandi centri metropolitani. Nello specifico le città intermedie:

  • raccolgono il 18% della popolazione complessiva del Paese;
  • producono il 20% del valore aggiunto nazionale.

Le 14 città metropolitane, invece, mettono insieme il 36% della popolazione italiana, ospitano il 35% delle imprese attive e producono il 41% del valore dei beni e servizi del Paese. 

Il benessere supera i numeri
A far pendere la bilancia dalla parte dell'Italia intermedia sono gli indicatori socio-culturali e di qualità della vita, superiori rispetto al contesto metropolitano. E allora cosa frena la crescita di questo contesto? Secondo Esposito molto dipende dalla narrazione, che comprende elementi come la percezione di impoverimento e l'erosione della fiducia nel futuro. "Eppure, gli indicatori combinati - economici, culturali, sociali - mostrano che il sistema delle città intermedie performa complessivamente meglio delle città metropolitane, circa un 7% in più", scrive il direttore generale. 

Un modello da rilanciare
Dall'analisi condotta nell'articolo emergono due problematiche significative:

  • una dimensione dei governi locali non adatta ad affrontare esigenze imprenditoriali, tecnologiche e sociali sempre più complesse;
  • la posizione delle élite locali, che hanno preferito difendere lo status quo piuttosto che ridiscutere il proprio ruolo e compiere un salto di qualità.

Serve, allora, secondo Esposito,  rafforzare la rete di connessioni tra livelli amministrativi e politici,  fare crescere soprattutto il coraggio delle società intermedie e la  responsabilità delle middle class locali nel proporre soluzioni non solo dettate da scelte difensivistico-rivendicative.

Leggi qui l'articolo completo.