
I milanesi conquistano il primato italiano dei consumi delle famiglie, con 30.993 euro di “spesa” pro capite e l’8,3% dei consumi complessivi degli italiani nel 2023. A rincorrerla in vetta alla classifica sono Bolzano con 29.146 euro di consumi pro capite nel 2023 e Monza e della Brianza con 26.714 euro a fronte di una media nazionale di 25.510 euro a testa.
Ma Roma svetta al primo posto per l’acquisto di beni alimentari con il 7,8% dei consumi del settore.
Lo rivela un’analisi del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere, che fornisce per la prima volta una stima in Italia dei consumi delle famiglie a livello provinciale, analizzando anche la composizione tra alimentari e non alimentari nel 2023.
Più attardato appare il Sud. Occorre scorrere la graduatoria fino alla 23esima posizione per trovare la prima provincia meridionale, Cagliari, con 22.225 euro di consumi a testa nel 2023 a fronte di una media del Mezzogiorno di 16.244 euro. Senza contare che ben 18 realtà provinciali del Sud si collocano nelle ultime 20 posizioni della classifica sui consumi pro-capite con Foggia fanalino di coda (13.697 euro).
Ma c’è anche un Sud che corre più veloce
Nel periodo compreso tra il 2019 e il 2023 il Mezzogiorno ha visto aumentare più di altre aree del Paese la spesa delle famiglie residenti: 15,7% contro il 14,4% del Nord-Ovest, il 12,7% del Nord-Est e l’11,3% del Centro.
Spostando l’obiettivo in ambito regionale troviamo in vetta, per tasso di incremento:
- Sicilia (+ 17,2%);
- Molise (+ 16,9%);
- Abruzzo (+ 16,7%);
- Sardegna (+ 16,3%).
Il primato siciliano si riscontra anche a livello provinciale, con Enna che primeggia a livello nazionale grazie a un incremento dei consumi, nel quinquennio 2019-2023, del 21%. Seguono Caserta (+ 20,2%) e Isernia (+ 19,5%). La Sicilia piazza nella Top 10 anche le province di Caltanissetta, Catania e Agrigento. Stivale capovolto se guardiamo alle ultime 2 posizioni, dove ci sono Gorizia (+ 5,7%) e Udine (+ 6,6%).
Il peso del cibo
I consumi di generi alimentari, al Sud, incidono in misura maggiore sulla spesa complessiva delle famiglie nel 2023. La media meridionale (23,4%) supera di quasi 5 punti quella nazionale (18,6%). Le regioni dove si registra una maggiore incidenza della spesa per alimenti sul totale dei consumi territoriali sono:
- Campania (26,4%);
- Sicilia (23,8%);
- Puglia (22,3%).
L’incidenza più bassa si riscontra invece in Trentino Alto Adige (11,5%) e Valle d’Aosta (13,3%). A livello provinciale la Campania fa en plein con Caserta al primo posto e subito dietro Napoli, Salerno, Avellino e Benevento. Se invece guardiamo all’incremento dei consumi alimentari nelle prime 10 posizioni troviamo 7 province meridionali: 5 delle quali sono siciliane (Catania, Ragusa, Trapani, Palermo, Siracusa).
Al Sud si concentra un terzo dei consumi alimentari totali degli italiani. Seguono Nord-Ovest (28,2%), Centro (20,5%) e Nord-Est (18,1%). A livello regionale, la Lombardia è prima con il 17,2%, Lazio seconda (10,2%) e Campania terza (9,7%). Mentre per le province si aggiudicano il “medagliere” Roma (7,8%), Milano (6,0%) e Napoli (5,2%).
Le diverse prospettive
"In primo luogo questi dati possono rappresentare un indicatore di doppia vulnerabilità” per l’economia del Mezzogiorno, dove il reddito disponibile delle famiglie è inferiore di circa il 25% rispetto a quello della media nazionale e il peso dei consumi alimentari appare più consistente". È quanto ha sottolineato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, che ha aggiunto "in ben 26 province meridionali su 38 l’incidenza dei consumi alimentari supera il 21% di quelli totali, mentre questa situazione non si verifica in nessuna delle province del resto dell’Italia. La maggiore presenza della componente di consumi di beni alimentari - che sono stati più penalizzati dalle spinte inflazionistiche e che si caratterizzano anche per una maggiore frequenza di acquisto - da un lato ha gonfiato i consumi in termini nominali e dall’altro ha eroso maggiormente il potere d’acquisto reale complessivo delle famiglie meridionali. Si tratta di un fenomeno che comunque – sebbene in misura inferiore – ha riguardato anche 16 province dell’Italia centro-settentrionale, caratterizzate per una incidenza di questi consumi tra il 18,5% e il 21%, a dimostrazione che i divari territoriali si articolano nel Paese anche secondo una logica più complessa della dicotomia Nord-Sud".
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